Archivio mensile:Gennaio 2025

“C’est moi le bebé”

L’intervista di Francine Christophe

Oggi 27 gennaio, data in cui nel 1945 furono liberati i pochi sopravvissuti di Auschwitz dall’Armata Rossa,  è il «Giorno della memoria» in cui si ricorda l’Olocausto. 

Questa è la testimonianza di Francine Christophe, nata nel 1933, che è sopravvissuta a  Bergen-Belsen (che era un Aufenthaltslager, cioè un campo residenziale,  con condizione di vita terribili, ma non era pensato per lo sterminio) dove fu internata da bambina con la mamma.  A Bergen Belsen comunque morirono circa 50mila prigionieri, quasi 35mila di tifo nei primi mesi del 1945 prima della liberazione, avvenuta il 15 aprile. 

Francine Christophe ci ricorda come un piccolo gesto di solidarietà – ma tenuto conto delle condizioni estreme dei campi enorme –  può fare la differenza e lasciare aperta la porta alla speranza. Una storia che non sembra vera, ma lo è.

Grazie a Matteo Caccia che ne ha parlato nel suo podcast giornaliero sul Post

Jules Feiffer (1929-2025)

Jules Feiffer è stato uno dei cartoonist (e non solo visto che è stato anche sceneggiatore: Carnal Knowledge, per dire) più importanti dagli anni ’70 in avanti negli Stati Uniti. Se ne è andato a 95 anni. Mancherà molto a chi, come me, lo ha scoperto leggendo Linus quando ancora andava alle medie. Qui l’articolo di necrologio del New York Times.

New York Times

Heil myself! (or Springtime for Elon)

(Photo by ANGELA WEISS / AFP)

Ho visto parte delle cerimonie dell’Inauguration Day ieri. E, a parte il saluto  a braccio teso “con tutto il suo cuore” di Elon Musk, mi chiedo cosa sarebbe riuscito a cavarne quel genio di Mel Brooks da tanto materiale così naturalmente – e spaventosamente –  comico. 

Essere interrogati sulla crosta della pizza a Teheran

foto della prigione di Evin, Di Ehsan Iran – 88 from Flickr

Emma Bubola ha intervistato Cecilia Sala per il NYT. Molte cose sono già note. Alcune, abbastanza curiose, no. Tipo il fatto che le è stato chiesto se preferiva la pizza napoletana o la pinsa romana (sort of it)

“Chi la interrogava parlava un inglese impeccabile, ha detto Sala, e ha fatto capire che conosceva bene l’Italia chiedendole se preferisse la crosta della pizza romana o napoletana”.

New York Times

Poi Sala – che afferma che non tornerà più in Iran, almeno finché non cadrà il regime – ammette che non vede l’ora di tornare a fare la giornalista. Per parlare delle storie degli altri e non della sua.

Los Angeles, Joan Didion, il fuoco e il Santa Ana

«È difficile per chi non ha vissuto a Los Angeles capire quanto il Santa Ana sia radicato nell’immaginazione locale. La città che brucia è l’immagine più profonda che la città ha di sé stessa. Nathaniel West se ne era accorto in The Day of the Locust e, ai tempi dei riot di Watts, nel 1965, la cosa che colpiva l’immaginazione in modo più indelebile erano i fuochi. Per giorni, si poteva guidare lungo la Harbor Freeway e osservare la città in fiamme, come abbiamo sempre saputo che sarebbe finita».

Questa citazione di Joan Didion – tratta da Slouching Toward Bethlehem del 1969 – serve per far notare che gli incendi provocati dal Santa Ana sono una costante a Los Angeles. Come le rivolte e la mancanza d’acqua (Do you remember Chinatown?)

Joan Didion, Slouching Toward Bethlehem 

Forse il fact-cheching non è il principale problema di Facebook

I sistemi di moderazione automatica di Facebook hanno cancellato un mio post dove facevo dell’ironia sulle affermazioni fatte ieri durante la diretta streaming con Elon Musk dalla leader di AfD, Alice Weidel, sul fatto che il dittatore tedesco che ha fatto sterminare 6 milioni di ebrei (cioè Hitler) era un adepto del movimento fondato da Carl Marx (cioè il comunismo). Scusate la parafrasi, ma pare che alcuni nomi non si possano pronunciare su quel social network, pena la cancellazione del post. Avevo usato, con poca originalità in verità, un passo di 1984 di Orwell Quello su guerra e pace ecc. Questo per dire che forse il Fact-checking è il minore dei problemi di Facebook. ps. La foto è stata creata con l’intelligenza artificiale.

Dove trova Elon Musk il tempo di giocare a Diablo?

Se lo chiede il WSJ che nota come il proprietario di Tesla, X e compagnia cantante dice di aver raggiunto un livello sul videogioco “Diablo IV” compatibile solo con ore e ore passate sulla console a smembrare mostri. Non male per un uomo che dovrebbe essere impegnato a dirigere le sue aziende e in più posta decine di contenuti al giorno sulla sua piattaforma X, trollando mezzo mondo.

“Ci sono – dice il WSJ – così tante lezioni di vita da imparare dai videogiochi  al massimo livello di difficoltà”, ha scritto Musk sulla sua piattaforma X il 20 novembre, prima di annunciare di aver appena superato il livello più alto di una sezione del gioco chiamata “The Pit” in meno di due minuti. Ha incluso una clip video del traguardo.

Un simile risultato richiede più della semplice competenza ne fare a pezzi  dei mostri. Ci vogliono decine di ore solo per raggiungere il livello più alto, che è il livello 150. The Pit è stato aggiunto al gioco solo a maggio e l’ultima stagione è iniziata il 7 ottobre, ripristinando la progressione di tutti i giocatori al livello 1. Ciò suggerisce che Musk è arrivato al livello più alto in 45 giorni o meno.

Musk supervisiona sei aziende, tra cui la startup di che si occupa del rapporto tra cervello e computer Neuralink, la startup che scava tunnel per treni iperveloci The Boring Company e la startup di intelligenza artificiale xAI. È un prolifico autore sulla piattaforma di social media X, che ha acquistato nel 2022. Ora sta aiutando a supervisionare un radicale rinnovamento del governo federale come co-direttore del Dipartimento di efficienza governativa di Trump, o DOGE.

La sua vasta gamma di impegni ha lasciato tutti a chiedersi: come diavolo ha trovato il tempo per farlo?

Io in effetti un’idea ce l’ho ed è quella che fa fare il lavoro sporco a una pletora di collaboratori e poi si intesta i traguardi. Una strategia piuttosto cara, ma è o non è l’uomo più ricco del mondo?

Wall Street Journal, immagine generata da Grok (che funziona bene, direi)

Facebook d’ora in poi consentirà di paragonare le donne a oggetti

Martedì – si legge sul WSJ – Meta ha anche rivisto gli standard della community per allentare in modo significativo le restrizioni sui contenuti precedentemente considerati incitamento all’odio. Ad esempio, le regole aggiornate consentono “accuse di malattia mentale o anomalie quando basate sul genere o sull’orientamento sessuale” e annullano il divieto di paragonare le donne a “oggetti domestici o proprietà”.
 

Wall Street Journal

Cosa potrà mai andare storto?

Il resto in questo pezzo del WSJ dove dice anche che Zuckerberg si è accorto che qualcosa non andava nella moderazione del suo SNS quando un suo post su una banale operazione ai legamenti non ha fatto il botto su Facebook a causa del filtro sui contenuti sanitari.  Potenza dell’egotismo. 

Wall Street Journal, immagine generata con Grok