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Premi Pulitzer e facce di bronzo

Questa sera sono stati assegnati i premi Pulitzer, il maggior riconoscimento possibile per i giornalisti (e le testate) USA. I premi sono divisi per categorie e toccano tutti i generi giornalistici, comprese le vignette, che, negli States, sono considerati editoriali, cioè opinioni e sono pubblicati, appunto, nella pagine dei commenti di opinione.

Quest’anno il Pulitzer per l’Illustrated Reporting and Commentary (in questo caso, Illustrated Commentary) è andato a Ann Telnaes l’autrice della famosa vignetta (che metto come illustrazione) che non è stata pubblicata dal giornale per cui ha lavorato per 17 anni, cioè il Washington Post, perché il proprietario del WP – e di Amazon -, cioè Jeff Bezos, non ci faceva una bella figura.

Insomma, il Washington Post si prende – e rivendica – un Pulitzer per una giornalista che se ne è andata perché la vignetta che aveva disegnato, e per la quale ha preso il premio, non è stata pubblicata. Sono tempi strani e divertenti, ma di un’allegria da naufraghi alla deriva tra gli squali.

Alan Friedman, Paul Manafort e Romano Prodi

Stasera sul New York Times Jason Horowitz (@jasondhorowitz) ricostruisce la storia della triangolazione – a favore di Viktor Yanukovich, l’ex dittatore filorusso dell’Ucraina – tra Paul Manaford (che per questo è  in custodia cautelare negli States, nell’ambito di un procedimento nato dall’inchiesta sul Russiagate), Alan Friedman e Romano Prodi, autore di un editoriale sul NYT che non si capisce da chi sia stato scritto. 

Prodi non ci fa una gran figura, ma la cosa più divertente è il giudizio tranchant di Horowitz riguardo a Friedman:

[…] Mr. Friedman stopped being a reporter long ago. Instead, he has become an American exemplar of Italy’s transactional culture, its sometimes provincial sensitivity to the view from abroad and its porous lines between journalists, publicists and political operatives.

Insomma, volano gli stracci. Quindi è un pezzo da leggere.

L’articolo di Horowitz su Alan Friedman, Paul Manford e Romano Prodi lo trovate qui

New York Times